mercoledì 29 aprile 2015

La solita commedia - inferno


Uhm… Da dove cominciamo? Dalla conclusione: questo film è una cagata.
Mi spiace dirlo. Più che altro perché ho dedicato un’ora e mezza del mio preziosissimo tempo di nullafacente serale per guardarlo. Certo, la scelta era tra questo film, Cenerentola, 50 sfumature di grigio e Twilight: ovvero un mix di film atti ad invogliare il suicidio di massa nei cinema di mezzo mondo.
Comunque, la trama del film è semplice: nel mondo ci sono nuovi peccati. In Paradiso un Dio fumatore (di sigarette sicuramente made in Cina e senza controlli alla dogana. Se avesse fumato fin dalla notte dei tempi Cannabis dei barconi di Amsterdam adesso il mondo sarebbe sicuramente un mondo migliore, ma soprattutto più sereno e peace and love) e la sua allegra combricola decide di mandare Dante sulla terra a stilare un elenco dei nuovi peccati. Raggiunta l’Italia, l’uomo si fa aiutare da un Virgilio dei giorni nostri, un precario-italiano medio. In una giornata Dante viene in contatto nei modi più disparati con manie, psicosi e tristi realtà dei giorni nostri.
Tradotto: un susseguirsi di gag e micro-episodi di vita quotidiana dove i protagonisti de ‘I soliti idioti’ vestono ogni volta panni differenti per interpretare i personaggi di turno.
Nascono tanti piccoli sketch (a volte introdotti in modo sensato, a volte alla cazzo di cane in modo discutibile, tipo con Dante che legge con i suoi poteri psichici alla Wanna Marchi la mente di chi incontra per strada) che lasciano il tempo che trovano, in cui viene mostrato qualche nuovo peccatuccio italiano (per dirne uno, la ressa per accaparrarsi il caffè in un bar alle otto del mattino).
La storia tralascia quelli che sono i veri, enormi peccati moderni per analizzare qualche piccola mania nostrana, con il classico stile de ‘I soliti idioti’, ovvero un continuo ‘cazzo figa culo tette’ che faceva strappare un sorriso nei precedenti film ma che avendone abusato fin troppo adesso stanca, annoia.
Le gag sono tra il simpatico, l’insignificante, l’annoiato, il ‘già visto’ e il ‘che cagata’.
Si salva qualcosa: i vecchietti alle 9 all’ingresso dei supermercati e i cellulari-dipendenti (ma solo perché lavoro in un negozio e vedo in questi sketch la (triste) realtà che di ogni giorno), Gesù quando spicca il volo, la ‘riunione’ tra Dio e i suoi sottoposti. Non mi è dispiaciuto neppure la gag sui ‘seminatori di bruttezza’: a loro modo danno un quadro di come io vedo la nascita delle mode (e di tutta la tristezza della società attuale che ne consegue).
Ma questi sono gusti personali. E comunque sono giusto un paio di trovate simpatiche rispetto al resto del film insulso.
L’idea in sé non è neppure malvagia. È come viene trattata che fa perdere migliaia di punti.
Invece di imbastire una storia unica con poche gag ma buone, viene realizzato un film con decine di gag messe lì una dietro l’altra senza un filo conduttore concreto. Sarebbero stati bene se fossero stati usati come spezzoni di pochi secondi trasmessi su Mtv ma inserirli in un film perdono tutta la loro potenza comica (tramutandosi in potenza da toilet, di quella che poi non puoi entrare in bagno per i successivi due giorni rischio morte per soffocamento).
È uno di quei film che non si dovrebbero vedere al cinema. Ma manco in dvd. E tanto meno si può annoverare tra i film da tenere nella propria videoteca.
Mi spiace ma mi viene da paragonarlo ad un film dei Vanzina. Anzi, peggio. E ho detto tutto.

 
Ps
Si parla di Divina Commedia, capitolo Inferno… Vuol dire che ci dovremmo aspettare anche un Purgatorio e un Paradiso? Oh cacchio!!!!!

domenica 26 aprile 2015

Misfits


Telefilm fanta-adolescenzial-drammatico, racconta in cinque stagioni le vicende di 5 minchioni ragazzi che dopo esser stati arrestati per piccoli crimini si ritrovano a dover compiere dei lavori socialmente utili (tipo raccogliere le cartacce ed eliminare i graffiti dai muri). Un giorno ottengono dei superpoteri (a volte super, altre volte dei poteri del cazzo ridicoli ). Tra un lavoro socialmente utile e l’altro si dedicano a passamenti socialmente smaialerecci, tra sesso tragicomico adolescenziale ed autoerotismo da ‘o gli tiro il collo adesso o mai più’.
Le prime due serie spaccano (infatti in Inghilterra hanno avuto un botto di spettatori).
La terza stagione regge ancora, con una qualità tutto sommato discreta. Anche se tra l’inizio e la fine, l’incazzatura si fa sentire con prepotenza.
La quarta e la quinta… Meglio dimenticarsene.
Peccato perché invece di sviluppare una trama serrata per tutte e cinque le stagioni con una continuity ricca di colpi di scena (che so, un cattivone cazzuto cheli vuole ammazzare e poteri sempre più fighi) si è optato per cambiare alcuni protagonisti (maledetti inglesi e la loro indole d’introdurre personaggi nuovi ed eliminare quelli vecchi… Ma per me medesimo! Non sanno che ‘squadra che vince non si cambia’? anche perché il confronto con i predecessori non regge.
Chiariamo, si lasciano guardare tutti. Ma non spenderei neanche dieci euro per acquistare il cofanetto della 4° serie. Figuriamoci la 5°!

venerdì 24 aprile 2015

Insurgent


È il seguito di ‘divergent’.
Questo film ha ricevuto pareri contrastanti.
Chi ha letto il libro lo boccia (ma parliamone: quale film è una fedele trasposizione del libro? A me non risulta nessuno. Ma è normale: qualcosa si perde sempre per strada).
Io il libro non l’ho letto (e manco ho intenzione di farlo) quindi posso giudicare solo il film per quello che è… E non mi è dispiaciuto.
A parte le solite dinamiche da young adult (con sexy smaialata tra i due protagonisti e qualche frase da libro rosa da edicola) e qualche personaggio inutile per la trama ma che appare giusto quei tre secondi per dare un contentino a chi ha letto i libri (tipo il padre del protagonista), per il resto è sostanzialmente un film d’azione.
Parte con il presentare dove eravamo rimasti e a delineare la situazione corrente.
Poi è tutto un scazzottate, sparatorie, violenza ed incoscienza gratuita (tipo l’episodio sul treno: ma dai cazzo, siete in tre contro metti trenta avversari e vi mettete a fare rissa riuscendo persino a stenderne/facendonelabua/ammazzarne molti e ad avere pure la meglio? Ma nella realtà i due protagonisti li avrebbero uccisi dopo cinque nanosecondi e senza neanche versare una goccia di sudore).
Questa continua azione può piacere (come a me) ma può anche essere bocciata da chi si aspetta una maggiore cura nel definire la personalità e i conflitti interiori dei personaggi (oh, raga, o uno o l’altro, dai. Mica si può avere tutto dalla vita! È come vedere gli ‘Avengers’ e aspettarsi l’introspezione dei personaggi, con Capitan America che si lamenta di non trovare una cera adatta per lucidare il suo scudo, Hulk che odia la sua pelle perché anche stando sotto il sole per giorni non si abbronza, Iron Man che si lagna per incomprensibili problemi di erezione  e Thor che a furia di tenere il martello con la destra gli è venuto il braccio da tennista. No, dai, o introspezione o azione pura. In certi film una cosa penalizzerebbe l’altra, secondo me).
Le simulazioni di Jeanine le ho trovate molto fighe. Sono quelle scene che meritano di essere viste al cinema. Hanno un impatto visivo che spacca, specialmente la scena con la mamma e l’effetto dei palazzi che si sgretolano: molto ben resi.
E dopo tutta questa azione si giunge alla fine dove ‘nulla è come sembra’ e ogni mistero è svelato. E questo mi è piaciuto perché rende la trama inaspettata.
Personalmente, ho trovato anche un metamessaggio più profondo, più zen.  In fondo le prove possono essere interpretate come un affrontare parti di se stessa, con tutti i limiti e paure annesse. Fino a giungere all’ultima battaglia, quella contro il nemico peggiore che uno potrebbe affrontare (niente spoiler, tranquilli).
Concludendo: un film che ho guardato tutto sommato volentieri. Non un capolavoro, intendiamoci. Ne uno che entra nell’Olimpo dei miei film preferiti. Ma al tempo stesso migliore di un ‘Hunger games’, o di un ‘Twilight’ (ok,su quest’ultimo è vincere facile: anche un film dei Vanzini è meglio di Twilight).
È uno di quei film a cui avvicinarsi con zero aspettative. Se volete poco meno di un paio d’ore di relax guardando un film con dei begli effetti speciali e una trama con continue scazzottate, è il film che fa per voi.

domenica 19 aprile 2015

L’altro occhio del rinoceronte di Daniele Daccò


Appena finito di leggere. Che dire? A me è piaciuto. E pure tanto.
La storia è semplice quanto originale: un gruppo di amici vanno a Lucca Comics.
Tutto qua? Eh, no, cari i miei lettori-pochi-ma-buoni, perché il tutto è visto come se loro, persone della vita reale, vivessero le loro esperienze guardando il mondo con gli occhi dei giocatori di ruolo. Oltre a vedersi loro stessi come dei personaggi fantasy (ad esempio c’è Barbara ‘la barbara’) vedono anche i loro nemici e le situazioni come proiettati in un universo fantastico.
Per dirne una: un avversario è una giornalista che lancia mortali penne stilografiche.
Il ritmo è incalzante, i personaggi sono ben costruiti, la trasposizione realtà-giocodiruolo è fantastica e calza a pennello in tutti i suoi aspetti, gli scenari reggono e i nemici fanno sorridere e mai annoiare (il flusso di persone a Lucca è fantastico). E il colpo finale… Tanto di cappello.
Alcuni disegni impreziosiscono il romanzo e le schede dei nemici danno quel tocco in più al racconto.
Personalmente, è uno di quei libri che mi sarebbe piaciuto scrivere.
Che voi siate nerd o no, consiglio la lettura. È un romanzo leggero e simpatico.
Imperdibile per tutti coloro che sono andati a Lucca Comics. Quando arriverete a quel punto del romanzo, direte: ‘Per il Dio Fumettaro, è proprio così!’.
E poi, voglio dire, 6.90 euro per un romanzo non è niente.
Dai, non andate a vedere ‘Lo hobbit’ e ‘Avenger 2’al cinema e acquistate il libro… Ok, sto cagando fuori dal vaso esagerando. Non comprate l’ultimo numero di Playboy e prendere il romanzo (tanto c’è youporn. Che piffero buttate via i soldi per una rivista di nudi ritoccati con photoshop?).

domenica 12 aprile 2015

Club dogo – non siamo più quelli di Mi Fist


… Che poi sulla loro bravura non discuto mica, raga.
Per certe rime e certi giochi di parole, tanto di cappello. M’inchino alla loro stile ineccepibile, non c’è dubbio. E bella zio!
È che, aimè, parlano sempre delle stesse cose. Gira e rigira, è sempre un ‘quanto è duro emergere’, ‘siamo fighi e spacchiamo di brutto quindi cazzo vuoi’, ‘ho fatto la fame ma adesso sono pieno di soldi’, yo yo.
Che va bene, non sono i primi rapper che lo fanno (‘Mondo marcio’ c’ha fatto la carriera su questo disagio di rapper di periferia) e non saranno neppure gli ultimi. Capisci fratello?
È solo che… E che palle!!! 
Chiariamo: dico la stessa cosa per tutti coloro che cantano solo canzoni d’ammmmmmore (vedi gli Stadio o Antonacci). Però mi piacerebbe che un cantante diversifichi un po’ il suo repertorio. O che almeno ci metta un minimo di positività. Non ce n’è l’ombra. Ogni canzone è tutto un ‘che merda la vita, sono tutti stronzi, sai che culo che mi sono fatto per arrivare fino a qua’. Che può anche essere vero… Ma un po’ di ottimismo, per Dio Rapper!
Anche se, lo ammetto, ‘Fragile’ non mi dispiace. Forse di tutto l’album salverei questa. Per il resto… Mah, resto molto perplesso.
Certo, come tutte le cose possono piacere o meno. E qui non sto discutendo sulla loro bravura (che c’è, non lo metto in dubbio). Sto semplicemente parlando di empatia con i testi e i loro messaggi.
E li ascolterò ancora quando uscirà il loro prossimo album, non c’è dubbio. Anche solo in attesa di ascoltare un’altra canzone in stile ‘Brucia ancora’ (ma quanto spaccava?).

mercoledì 8 aprile 2015

A panda piace… L’avventura


L’avventura è ormai conclusa. 8 numeri e anche quest’opera di Giacomo Keison Bevilacqua è giunta alla sua inevitabile conclusione.
Ma chi è Giacomo? Chi non lo conoscesse ancora (ma dove vivete?!?!?) è l’autore di ‘A panda piace’ (guardatevi il suo sito, va, e capirete la bravura di questo autore: www.pandalikes.com ).
Chi lo conosce già e segue il sito da mesi/anni, invece, sa di cosa parlo: vignette autoconclusive a tratti teneri, poetici, realistici, visionari, buffi, comici, adorabili (e chi più ne ha più ne metta).
Dopo aver realizzato ‘Metamorphosis’ si è tuffato in questa miniserie sul panda preferito da tutti i puri di cuori (e non).
Ne è uscita una trama ricca e variopinta, con protagonista ovviamente il panda e i suoi amici di sempre (conosciuti nelle vignette autoconclusive).
Ma ora che tutto è finito, lo vogliamo dare un parere o no?
Dunque, adoro le strisce. Ce ne sono alcune che sono un capolavoro di sensibilità e genialità e trasporto emotivo. Mantenere a questo livello un intero albo (figuriamoci 8!) e al tempo stesso realizzare qualcosa di nuovo è un’impresa da titani, estrema.
Ma trovo che Bevilacqua ce l’abbia fatta. Certo, con tutti i limiti che una serie può portare e che non possiede una vignetta autoconclusiva… Ma anche con tutte le potenzialità annesse (fornire più introspezione e spessore ai personaggi e narrare una storia a più ampio raggio e senza i limiti di un’unica vignetta).
Ne esce così una storia solo in pochissimi punti tentennanti (nel senso che si lascia da parte la poesia per dare più spessore ad altre cose… Chiariamo, alla fine va bene così: è solo un fatto di essere abituati alla velocità delle vignette del sito). Per il resto scivola via liscia, con tanti spunti di genialità, originalità e tenerezza che non fanno rimpiangere le strisce.
Belli i protagonisti ma ancora più belli i co-protagonisti (come vengono rappresentati, ovvero come si associa la raffigurazione all’emozione corrispondete, dimostra un acume e una sensibilità fuori dal comune dell’autore). Bello come si dipana la storia e come dall’apparente linearità della trama (il panda che è alla ricerca degli oggetti per salvare il nonno, con un nemico nell’ombra che trama nell’ombra e gli amici del protagonista che lo seguono per dargli man forte) si giunge all’ultimo albo dove tutto viene alla luce, facendoci scoprire come nulla era lì per caso e come l’intreccio narrativo era più fitto ed articolato del previsto.
Personalmente mi sarebbe piaciuto che Bevilacqua buttasse dentro (adattandola) qualche vignetta autoconclusiva, in quanto meritava di essere riproposta. Certo capisco anche il discorso del ‘se l’hai già vista, riproponendola sembra che non avessi idee migliore’. Quindi non è una critica ma solo una mia considerazione.
Infine, passiamo ai disegni: lo stile di Bevilacqua lo conosciamo. E guai a toccarlo!
E va bene così! Mentre in ‘Metamorphosis’ il lettore poteva avere da ridire sullo stile che poteva cozzare con la trama, in ‘A panda ecc ecc’ questo problema non sussiste perché il suo stile E’ quello del panda. Punto.
Ultimissimo appunto: mi è piaciuta anche la spiegazione di com’è nata l’idea di questa serie. Mi ha fatto tenerezza.
In definitiva: un fumetto da non riporre subito nella propria libreria ma di rileggerlo subito tutto d’un fiato per poter apprezzare pienamente la trama ‘col senno di poi’.
Nota di me stesso) Io ne leggo di fumetti e sono sempre aperto ai fumetti nostrani, al punto che ogni nuova uscita è mia, perché trovo che anche noi sappiamo fare fumetti, e anche bene, se lo vogliamo.
Ma devo ammettere che dopo tante letture che mi hanno lasciato perplesso e disinteressato (i soliti bonelliani con cowboy, investigatori, personaggi stereotipati) ‘A panda piace… L’avventura’ è una ventata di piacevole lettura, è un uscire dai soliti schemi fumettistici italiani consolidati per abbracciare qualcosa di nuovo e con una marcia in più, è un non aver riposto ancora la speranza sugli autori italiani, ché sanno sfornare ancora qualcosa di buono, se solo si desse loro più spazio e libertà di azione.
Aspetto in trepidante attesa una nuova opera di Bevilacqua. Nel frattempo, mi godo le strisce: un toccasana per l’anima.

lunedì 6 aprile 2015

Mister dammitempo – Mike Gayle


Un libro che passa inosservato tra interi scaffali di libri di autori famosi che sfornano libri noiosi e lenti, mastodontici tomi straripanti di descrizioni e seghe mentali fini a se stesse.
Eppure Mister dammitempo, pur essendo un libro di circa 320 pagine in edizione economica a 4,80euro, nasconde delle sorprese.
Prima fra tutti il fatto che è una piacevolissima lettura, di quelle leggere, scacciapensieri-molesti.
La trama è classica e collaudata: un trentenne insicuro e per nulla pronto a diventare grande (insomma, il trentenne medio italiano) riceve una proposta di matrimonio dalla sua fidanzata. La paura domina, quindi il matrimonio non sa da fa e i due si lasciano. Da qui incominciano le serate alla ricerca di altre donne-chiodo schiaccia chiodo ed esperienze divertenti quanto, in fondo, deludenti. Dibattuto tra la voglia di tornare dl proprio grande unico amore e la paura di diventare adulto, precipiterà in colpi di scena inaspettati che lo portano a dover prendere una decisione definitiva.
Come vedete, la trama è stereotipata quanto al tempo stesso attuale: la paura di crescere. O meglio, di mettere su famiglia, accasarsi e diventare ‘parte del sistema’.
La storia scivola via in scioltezza, senza tentennamenti. Una scrittura semplice, chiara, pulita, senza troppi arzigogoli linguistici, infarcita di seghe mentali del protagonista affatto invadenti o pesanti ed inopportune.
Diciamo che è uno di quei libri che si leggono quando non si ha voglia di nulla d’impegnativo o di triste/malinconico, che si portano in spiaggia e che non hanno grosse pretese ma al tempo stesso forniscono alcuni spunti su cui riflettere.
Precisiamo: io sottolineo le parti di un libro che mi piacciono. Sono quei pezzi in cui mi sento chiamato in causa, in cui mi ci specchio, che spiegano concetti che sono nella mia testa ma in modo più chiaro o più semplicemente perle di saggezza a cui io non sono mai arrivato.
Ci sono libri in cui non ho mai sottolineato nulla e altri invece in cui ho segnato l’impossibile.
Beh, in questo libro ho segnato 12 pagine. Che per me vuol dire: è un buon libro.
E poi è divertente, ammettiamolo. Perché lui in fondo rappresenta un po’ una parte di noi (quella più insicura, finta spavalda, festaiola, irriverente, seduttrice e, perché no, patetica).
In più, oltre a rispecchiarci ci fa fare anche quattro risate.
Perché passiamo da ‘Ma che pirla che è stato’ a ‘Cazzo ma ho fatto anch’io la stessa cosa!!!!’, il tutto in chiave spensierata.
Morale: un libro che consiglio perché dà molto di più del prezzo a cui è venduto.
Lo suggerisco anche alle donne in quanto farà loro comprendere un po’ meglio cosa passa nella testa (poca roba e mal assortita, chiariamo) dei loro partner.