venerdì 27 novembre 2015

‘L’amore non è polenta’ di Fausto Bertolini


… E poi accade che ti capita tra le mani un libro e lo compri giusto perché è usato e costa poco, pochissimo, pensando sia uno di quelli che usi per conciliare il sonno alla sera tarda e invece già dalle prime pagine scopri che merita più di tanti altir che hai letto in questi mesi.
Già, perché ‘L’amore non è polenta’ è divertente, realistico, originale, triste, malinconico e scritto maledettamente bene. È uno di quei libri che mi fanno pensare:‘Cazzo avrei voluto scriverlo io!’.
Ma di che cosa parla? È la storia di un sessantacinquenne neo-pensionato che passa le giornate tra la bancherella di libri che gestisce e il padre novantenne ormai fisicamente e mentalmente provato. Il protagonista però sogna il vero amore (o meglio, l’amore ma con una dose massiccia di sesso come contorno). Essendo anni che non sta (biblicamente) con una donna, si iscrive ad un’agenzia di cuori solitari che gli organizza degli incontri tragicomici con donne (anziane). Da questi incontri paradossali l’uomo trae le sue conclusioni sulla vita e sull’amore (e sulla difficoltà di trovarlo) fino a giungere al lieto (ma anche triste) fine.
Ciò che colpisce di più di questo romanzo è la prospettiva da cui viene narrato, ovvero di un pensionato che ha ancora tanta voglia di dare (sia affettivamente che sessualmente), con quell’ironia (e quella voglia di sesso) che ricordano più un ragazzino che non un uomo di una certa età.
Brillante, audace e scanzonatore, il protagonista oscilla tra il voler ‘pucciare il biscotto’ al cercare il vero amore (dove finisce uno e inizia l’altro? Mah…).
Da una parte fa sorridere questa sua voglia ‘di sparare ancora colpi’ (e fa sperare che avremmo anche noi, alla sua età, lo stesso desiderio ed energia) dall’altra però rattrista la sua consapevolezza di essere un uomo ormai anziano che ha paura di restare solo fino alla fine, dato che figli non ne ha (e un padre sulle spalle non migliora la situazione).
È certo un libro che fa divertire ma anche riflettere su come ad una certa età le energie vengono meno e la solitudine è una bestia difficile da gestire quando il corpo incomincia a dare segni di cedimento (età degli acciacchi, delle malattie, delle piccole incombenze economiche da pensionato, di non avere una spalla su cui contare ora che ogni ostacolo è un peso sempre più grande e gravoso).
Ma pur essendo un libro tutto sommato leggero è scritto bene, forse fin troppo: l’autore se ne esce con termini, frasi e romanzi sconosciuti ai più (ciò rallenta leggermente la lettura ma d’altro canto mostra quanto sia acculturato lo scrittore) ma ciò non pregiudica comunque lo scorrimento della storia. Pur passando per leggero (da spiaggia) nasconde in realtà una scrittura arguta e fine e un sotto testo che fa riflettere.
È uno di quei romanzi che sia l’uomo di mezz’età che il giovincello dovrebbero leggere in quanto entrambi troveranno sicuramente spunti di riflessione.
Consigliato. E ho detto tutto.

martedì 17 novembre 2015

Fury


Per quanto non mi piacciano un granché i film di guerra (mi rimandano sempre alla conclusione che l’uomo è proprio un essere stupido) ciò non toglie che li guardo perché anche in essi trovo qualche spunto di riflessione interessante.
Comunque, parliamo di Fury, film incentrato su un carrarmato e i suoi occupanti, in giro per la Germania nella seconda guerra mondiale.
Ci sono i classici cliché caratteriali dei personaggi: quello cagasotto, il capo figo autoritario ma sensibile e i soldati ‘capatonda’ che pensano solo a scopare superficiali e rissaioli. E poi c’è la guerra, con il suo odio, la sua violenza gratuita e la sua insensatezza.
Il carrarmato è solo un escamotage per raccontare la guerra da una prospettiva inusuale (e per mostrarci la spettacolarità di certi scontri, dove ovviamente l’americano figo e cazzuto ne esce vincente). Si alternano così momenti di azione seguiti da istanti di calma apparente (vedi il ‘pranzo’ nel villaggio).
In film parte bene e continua meglio, con scene che riportano alla crudeltà della guerra e fanno assaporare l’amaro sapore di come ci si deve sentire a viverla, ad esserci dentro.
Il film merita di essere guardato soffermandosi sull’assurdità di ogni conflitto passato, presente e futuro, e su come questo lascia tracce indelebili in chi l’ha vissuto.
Peccato che si concluda il tutto con la solita puttanamericanata in stile Mission Impossibile. Lo scontro finale  è esagerato e paradossale, cozzando così con il resto del film iper-realistico, e gli americani fanno come al solito la figura dei supereroi che, con uno stuzzicadenti, una limetta per le unghie e ballando la mazurca con i polsi legati, sgominano i nemici.
E concludo aprendo una parentesi: ma c’era proprio bisogno di mostrare Brad Pitt a petto nudo? Voglio dire, era funzionale alla storia quella scena? O forse è stata messa solo per far sbavare le ragazze/donne in sala? Sì, lo so, brutta bestia l’invidia J

lunedì 9 novembre 2015

inside out


… E poi guardi un film d’animazione e ti accorgi che a volte anche tra i ‘cartoni’ si trova un piccolo capolavoro, non tanto in trama ma com’è stato imbastito il tutto, come hanno concepito il mondo in cui è tutto ambientato e come tante, piccole situazione ed idee sono metafore di qualcosa di più profondo e su cui riflettere.
‘Inside Out’ è un film per bambini ma con un occhio di riguardo agli adulti, un film che può essere visto a più livelli, uno più profondo dell’altro. E non ci vuole un genio o uno psicologo per capire che dietro a questo film c’è molto più di ciò che mostra in superficie (un banale ‘tentativo di tornare a casa’ dei due protagonisti costernato di difficoltà ed imprevisti).
Se lo si guarda come un qualsiasi film d’animazione, questo scorre veloce senza nessun momento di noia: i personaggi sono ben definiti e anche i comprimari (tanti) non sono lì ‘tanto per’ ma hanno una loro utilità e caratterizzazione.
Ci sono momenti divertenti, avventurosi e commoventi: tutti elementi ben amalgamati, come solo la Pixar sa fare, e al loro giusto posto nell’universo narrativo.
La grafica è ciò che si aspetta da Pixal: pulita, essenziale, d’impatto e ottimamente realizzata (pur mantenendo gli standard del film d’animazione per bambini, ovvero molto fumettoso e colorato).
… E poi ti stupisci di come forse la mente umana si muove proprio così e basterebbe dare più libertà ad una emozione e a ciò che comunica per essere un po’ più sereno e felice ma senza dimenticare le altre, che in fondo sono parte integrale di noi e ci danno a loro modo ciò di cui abbiamo bisogno per crescere.
‘Inside out’ è una grande metafora di cosa si muove dentro di noi, di cosa possediamo e abbiamo dimenticato e di come quest’ultimo sia comunque servito a formarci. Un affresco in fondo leggero e simpatico di un concetto profondo e complesso quanto è appunto la nostra mente e le nostre emozioni in subbuglio.
Non ho molto altro da aggiungere se non che è uno di quei film che meritano di essere guardati: una volta con gli occhi del bambino divertito e l’altro dell’adulto che cerca di leggervi concetti profondi e rivelatori.

domenica 1 novembre 2015

'Un cuore pensante' di Susanna Tamaro


Ultima fatica letteraria di Susanna (che non ha fatto altro che prendere degli articoli che ha scritto per l’Avvenire, sviluppandoli… Astuta la ragazza: non si butta via niente, no? Ecologica anche nello scrivere, non c’è che dire). Raccoglie pensieri, riflessioni, emozioni e ricordi del suo passato, usando sempre il suo stile che la contraddistingue (delicato, arguto, sensibile, un po’ da precisina della fungia, se vogliamo).
Passa dalla natura a quando era bambina a Dio alla sua famiglia alla vita alla società… Senza mai sfiorare l’argomento sesso (io ne ho letti di suoi libri: e che io ricordi non ne fa amai cenno. O almeno, non al punto da farmi gridare:’Oddio ne ‘sta parlando: emozione!!!!). In questo romanzo azzarda solo una cotterella adolescenziale per un ragazzo ma senza entrare nei particolari. E ciò mi ha sempre stupito. Voi no? Voglio dire, racconti tutta la tua vita e non parli mai never manco per ‘u cazzo dei tuoi rapporti amorosi? Va bene la riservatezza… Ma se parli di fatti ben più privati ed incresciosi (vedi il rapporto con i genitori), perché non sbilanciarsi anche col sesso?
Ma vabbè, questa è una mia considerazione trasversale (non che m’interessi sapere quante volte si è fatta sculacciare o si è fatta possedere sopra una lavatrice industriale in funzione a massimo regime; è solo una mia lecita perplessità di lettore).
Per quanto riguarda il libro, lo stile è sempre il suo: c’è a chi piace e chi non lo sopporta. Personalmente quando leggo la Tamaro capisco che è una donna a scrivere, con una certa sensibilità a volte mielosa (un po’ troppo da figlia dei fiori peace and love amiamoci tutti ma solo per vie platoniche of course) e a volte un po’ troppo tra le nuvole. Ciò che mi ha pesato di più nella lettura è il suo continui rimando a Dio, con cui pur mantenendo le distanze, lo tira in ballo un po’ troppo spesso e in un modo talmente poetico e ‘da fervido credente’ da farmi venire il latte alle ginocchia.
A conti fatti, secondo me il problema maggiore di chi condivide i suoi pensieri ed episodi del passato è quanto questi possano interessare agli altri. Mentre in un racconto si può mantenere un certo pathos e suspance costruendo una storia articolata ed intrigante, raccontando la propria vita o è veramente stata avventurosa o è una ‘vita tra le tante’ (certo, con qualcosa che magari non è accaduto agli altri ma non così eclatante da attirare l’attenzione). Bene, la Tamaro rientra nella seconda categoria.
Senza contare i pensieri dello scrittore: quanto possono essere rivoluzionari, quanto danno nuovi punti di vista, quanto destabilizzano i lettori mostrando una realtà insolita per loro? Se lo sono poco o niente risulteranno noiosi (un po’ come quelli che su FB mettono il loro ‘pensiero della sera’ convinti di stupire o commuovere o coinvolgere, mentre alla fine è solo un ‘già sentito dire migliaia di volte’ che annoia e stanca). Anche qui la Tamaro vacilla (certo, è difficile dire qualcosa di nuovo; ormai si è già detto tutto. Quindi non resta che ribadire ciò che sanno già tutti ma in modo più accattivante. C’è a chi basta questo e chi non si accontenta. Voi a quale gruppo appartenete? Se siete nel secondo, lasciate perdere questo libro).
Ma allora è un libro da buttare?
No, perché tutto sommato qualche bella verità la si trova, qualche ‘già letto’ ma scritto in una maniera migliore spunta fuori in questo centinaio di pagine, qualche episodio della sua vita incuriosisce. Certo, deve comunque piacere la Tamaro altrimenti il suo stile narrativo induce sonnolenza. Ho dovuto leggere il libro in due trance perché, lo ammetto, mi stava annoiando (e il discorso religioso, infastidendo (ma questo è a causa del mio rapporto ‘travagliato’ con la religione) e considerate che io sono, diciamo, un fan di Susanna).
Ergo, un libro che può piacere ma solo se si è appassionati di questa scrittrice. Mentre gli altri dovrebbero, prima di questo, leggerne altri.