domenica 28 giugno 2015

Perfetto – Eros Ramazzotti


Agghiacciante.
Imbarazzante.
Palesemente commerciale nei testi.
Di primo acchito questi sono gli aggettivi che mi sono venuti in mente ascoltando l’ultimo album di Ramazzotti.
E non sto parlando della musica in sé, dato che tutto sommato è orecchiabile (non per niente la versione spagnola è piacevole da ascoltare, dato che non si capiscono i testi). Sto parlando delle parole e delle rime.
Va bene, siamo in una nazione di (finti)sempre-innamorati che si rispecchiano nelle canzoni che trattano l’ammmmmmore con la A a caratteri cubitali. E va anche bene che se vuoi conquistare la fetta di pubblico femminile che è tutto un pucci-pucci-amore-amore, quella stessa fetta che guarda Twilight o Hunger Game e li considera dei capolavori (vi rendete conto????), tu cantante devi per forza buttarci dentro qualche canzone d’amore.
MA, CAZZO, la prego Sign. Egregio Illustrissimo multimiliardario sono-innamorato-solo-io-24-ore-su-24 Eros, se proprio vuole scrivere dei testi, almeno li faccia originali, fuori dagli schemi, che trattino l’amore da una prospettiva diversa, originale, spiazzante, portata all’estremo. Non mi faccia le solite frasi originalità-sotto-zero richiamando concetti quali ‘Sei lontana e mi brucia la distanza quanto quella volta che ho ricevuto un Dildo nell’ano’ o ‘Quando sei accanto a me sono felice assai e il mio cuore batte peggio di una prostituta Thailandese’. E basta con queste rime ‘te-me’, ‘noi-voi’ ma specialmente l’odiosissima, stra-usata-bistrattata rima ‘Cuore-amore’, che poi uno ha l’impressione che lei i testi li ha fatti comporre a delle bambine di prima elementare nell’intervallo tra le scritte ‘Amo quel figo dei One direction’ e i cuoricini di mille colori sulla pagina del diario. E se non ha voglia di scrivere i testi, va bene: capisco che ormai ha una certa età e il suo pilota automatico (spilla quattrini ai babbiminchia e alle ragazzewl’amore) lo porta a sfornare dischi e concerti anche se ha solo voglia di vivere su un’isola deserta con la sua moglie ventenne. Ci sta. Ma se proprio non ha voglia di comporre, commissioni i testi a qualcuno che ha più energia ed inventiva di lei! Con tutti i soldi che ha non riesce a trovare uno che scriva qualcosa di migliore dei tuoi? Dai, glielo faccio conoscere io: è un bambino di 5 anni che non ha ancora iniziato a scrivere ma fa dei bei ragionamenti! Certo, ogni tanto ci mette anche in mezzo i Teletubbies e Peppa Pig, ma vuole mettere che testi originali ci vengono fuori?

Che poi non è che per partito preso penso che Ramazzotti faccia canzoni di merda (considero tutto sommato delle gran belle canzoni ‘Favola’, ‘L’aurora’ e ‘Dove c’è musica’). È che proprio fa di tutto per farmi dire ‘Ecco un’ennesima cagata di album’. Manco ci prova a farmi cambiare idea, a farmi vacillare.
Poi ripeto, c’è chi si accontenta delle solite canzoncine che fanno rievocare la cotterella per il belloccio di turno avuto alle elementari. Ok, ci sta. Ma da uomo quasi quarantenne mi aspetto qualcosa di più da un cantante di fama mondiale che si può permettere decine di collaborazione artistiche con conseguenti album di qualità superiore.
Dai cavoli, certi testi (riportati nelle vignette, che per la cronaca sono tratte dalle canzoni 2,3,4,8,9,11 e 12) sono veramente imbarazzanti. Voglio dire: se tu, ascoltatrice media, non sapessi che le ha scritte Eros, non ti verrebbe da pensare che sia stata una ragazzina di prima media che ha scritto poesiole d’amore mai consegnate al suo compagno di classe stiloso?
Eros, anche questa volta non ci siamo.
Guarda, ti do un’ultima possibilità per migliorare i tuoi testi: canta in russo, creolo giamaicano, vietnamita, arabo o in norreno. Fidati, così la qualità delle tue canzoni migliorerà.

Ps
Questo articolo è dedicato ad una ‘cattiva persona’.
Si è comprata il cd di Eros. E va pure al concerto.
Ma mi sta simpatica lo stesso.

mercoledì 24 giugno 2015

fast and furious 7


Fin dalla prima scena partono i botti, o meglio parte la classica ‘americanata’ che ci ha abituato la cinematografia d’oltremanica. E se già l’inizio è esagerato, surreale, figuriamoci il resto.
Dai primi minuti è un’escalation di azione. Due ore di inseguimenti, scazzottate, esplosioni e voli da dirupi. Il tutto riportando pochi o nessun danno. È come guardare un film di supereroi Marvel che scorrazzano con le loro auto.
Come dicevo, si parte già storcendo il naso, pensando a quanto esagerata sia la scena dell’ospedale. Poi se si va avanti è un continuo ‘Mamma mia che puttanata’ ‘Acciderbolina, qui si manda a fanculo tutte le leggi della fisica’, con delle impennate di surrealismo prossimo al paradosso comico come quando (SPOILER) precipitano da un burrone dentro un’auto che si cappotta e accartoccia fino a che, giunti a valle, i due protagonisti escono illesi dal boiler (ormai delle dimensioni di una scatola di fagioli) e la ragazza prova un certo disappunto ad aver perso la scarpa, con tanto di commento che sottintende un: ‘Oh porca vacca, che sfortunella che non sono altro’. E io lì reagisco con un:’Ma vaffanculo te e la tua scarpa: mò mi alzo ed esigo indietro i soldi del biglietto’ (CHIUSO SPOILER).
Senza contare le innumerevoli scene che lasciano il tempo che trovano. Ammettiamolo: possiamo dire quanto vogliamo che un uomo è un duro, ma se becca una spranga in faccia, quello si riprende nel 2028. Invece no, lui se ne piglia altre 50 e ne esce sereno e in pace con il mondo come se fosse appena uscito da una SPA con massaggio cinese compreso nel prezzo.
Ma quindi è un film da scartare?
Ni.
Nel senso, se stiamo a guardare capello (ma non c’è bisogno del capello, basta anche guardare tutta la capigliatura, e pure da un chilometro di distanza), il film fa acqua da tutti i pori, in stile diluvio universale. È un’americanata ai massimi livelli, un film d’azione con scene talmente paradossali da risultare imbarazzanti, inverosimili.
D’altro canto, è uno di quei film che se stacchi il cervello (lo riponi sulla poltrona accanto alla tua e lo lasci lì a sonnecchiare come un gatto svogliato) ti fa esaltare in quanto è un’unica, adrenalinica, azione farcita di esplosioni, bei dialoghi botta e risposta, effetti speciali sapientemente miscelati nelle scene, velocità, uomini cazzutti straripanti di steroidi e di donne che tra un mostrar una tetta e uno spacco vertiginoso se le danno di santa ragione. Che poi è, sostanzialmente, quello che ti aspetti da un film d’azione, no?
Ho letto su internet che la sceneggiatura è stata modificata più volte per omaggiare Paul Walker (deceduto quando ancora il film era in via di realizzazione). Sapendo questo, il film lo si vede anche da una prospettiva più profonda, dato che tanti discorsi e scene si riallacciano metaforicamente alla dipartita dell’attore (che ha il culmine nell’ultima scena, la quale racchiude il senso della vita e della morte). Da quest’ottica il film guadagna punti (ammettiamolo, è solo per questo che il giudizio di critici e pubblico è stato per lo più positivo e benevolo. Se non ci fosse stato questo l’avrebbero bocciato come ‘la solita americanata con tanta azione e poca logica’).
Ergo, un film che comunque dev’essere guardato da chi è appassionato di auto, inseguimenti, intrighi e belle donne. Ma senza riflettere troppo sui paradossi della storia e su quanto realistiche possano essere certe scene (o meglio, tutte).
Certo, alla fine del film non lo considererete uno di quelli che vi ha arricchito interiormente (non lo paragonerete di certo a ‘L’attimo fuggente’ per spessore narrativo e profondità) ma vi avrà fatto passare due piacevoli ore ‘scacciapensieri’.

mercoledì 10 giugno 2015

'Benvenuti ad Altrove' di Gabrielle Zevin


La trama è molto semplice: una ragazza viene investita e muore. Si ritrova su una nave in stile love-boat ma senza love dato che sono per lo più vecchi bacucchi. Il capitano-Caronte conduce la nave fino ad Altrove, un copia-incolla della terra ma con alcune peculiarità: non si può morire ma solo ferirsi (e anche in questo caso, si guarisce velocemente) e soprattutto non si invecchia ma si ringiovanisce fino a che, raggiunti i sette giorni ‘dalla nascita’ si torna sul Terra.
Dopo i primi tumulti da adolescente che non può più fare del sano sesso adolescenziale godersi i piaceri della sua giovane vita, la ragazza s’inserisce nel nuovo mondo.
Che dire di questo romanzo: è un libro leggero, quindi la filosofia e teologia che sta dietro al ‘cosa accade dopo la morte’ viene solo toccata di profilo. Di Dio se ne fa solo un accenno (forse l’autrice ha paura di qualche attentato dal bigotto estremista di turno). Ciò nonostante qualche interessante introspezione della protagonista fa riflettere.
In più, alcune piccole trovate non mi sono dispiaciute. In primis il discorso che si ringiovanisce con l’andare avanti del tempo, ritrovandosi in situazioni all’apparenza paradossali (ad esempio, un padre ormai adolescente che gioca con il figlio adolescente). O il fatto che non si lavora per guadagnare soldi (che qui hanno poco valore) ma per fare ciò che si desidera veramente, in quanto non c’è neppure la paura di mettere da parte i soldi per la vecchiaia o per una futura maternità (perché non si possono avere figli da morti, ovviamente). O che si può parlare con gli animali perché bisogna istruire anche loro sul luogo dove si trovano adesso. O che, a voler osservare cosa succede sulla terra ci si può imbattere anche nei propri genitori che fanno sesso selvaggio da tori ingrifati l’amore con quella tenerezza che si aspetta da due genitori (che poi parliamone: non è bello immaginarsi osservati da parenti morti (genitori, nonni, zii, ex moglie) i quali vi danno i voti con i cartelli in stile Miss Italia anni ’30 mentre voi fate le cose da zozzoni, tipo masturbarvi guardando un documentario sull’accoppiamento dei bisonti o essere a pecorella mentre il moroso vi dà delle belle sculacciate…).
È un libro sì leggero, da spiaggia, ma non per questo meno piacevole o scontato in quanto l’autrice imbastisce un mondo con delle regole rigide, con delle trovate tutto sommato originali e una trama che a suo modo è coerente con il modo di pensare di una teenager (a cui mancano gli amici e i genitori e per questo vuole mettersi in contatto con loro, andando suo malgrado a finire nei guai…).
Certo, non è un best seller, non è un capolavoro di narrativa ne uno di quei libri che vi farà piangere a iosa. Ma più volte ci si ferma a riflettere su cosa può accadere dopo, quali sono i rimpianti che ne conseguono, quanta nostalgia si prova per la vecchia vita e quante cose della nostra terra (accumulare ricchezza e prestigio) siano in realtà poca cosa rispetto a ciò che conta veramente nella vita.
Un libro, insomma, che trattato in un modo più profondo, spirituale e onirico sarebbe stato una bomba per alcuni ma al tempo stesso indigesto ed incomprensibile o troppo complesso ai più. Ma essendo un libro alla portata di tutto e poco impegnativo fa passare delle piacevoli serate di lettura con quella leggerezza che si addice ad una storia con protagonista una ragazza. Poi se uno ci vuole mettere anche qualche riflesione personale, qualche introspezione più profonda riguardo al tema trattato, no problem. Altrimenti amici come prima.
Un’avvertenza: è un romanzo per uomini/ragazzi? Tendenzialmente no. A me l’hanno regalato e di conseguenza me lo sono letto ma in effetti a parte qualche spunto carino sull’aldilà resta un libro per ragazzine, scritto sostanzialmente per loro (con tanto di ‘innamoramento romantic-mieloso’, con lieto fine da ‘vissero tutti felici e contenti nella casa del Mulino Bianco’ e personaggi buoni e sdolcinati quanto un gelato al miele).

domenica 7 giugno 2015

Mad max – fury road


Il problema sono le aspettative.
Ovvio che se vai a paragonare i vecchi film di Mad Max con quest’ultimo è come fare un reboot della Torre di Pisa costruendo una torre a forma di fallo post-ingurgitamento di Viagra e pensare che le persone lo apprezzino al pari dell’originale. Naturale che, per quanto possa essere grande e lunga la torre, per quanto la s’impreziosisca di illuminazioni e modalità vibrante (che farà sicuramente la sua porca figura davanti al turista medio), non potrà mai eguagliare (o addirittura superare) la bellezza della Torre di Pisa, no?
Ecco perché chi si appresta a vedere il film rapportandolo ai suoi predecessori resta con l’amaro in bocca.
Perché nascono inevitabilmente delle obbiezioni scomode: ‘Ma questo Max non parla mai’, ‘La storia è un continuo rincorrersi in auto e niente più’, ‘C’è solo azione e nessuna trama’, ‘Alcune trovate (come il chitarrista) sono discutibili’, ecc ecc.
Quindi film bocciato?
No, assolutamente.
Perché, se lo si guarda con la mente libera da pregiudizi e da quel continuo paragonarlo ai precedenti, è un film notevole (sceneggiatori professionisti italiani l’hanno definito un capolavoro… E ho detto tutto. Un po’ come quando Rocco Siffredi dichiara che una donna ci sa fare a letto: se non lo sa lui che ne ha viste più di tutti i calciatori italiani di serie A messi insieme, chi può saperlo?).
A livello visivo è irraggiungibile: vuoi per gli effetti speciali vuoi per le trovate geniale ed originali che permeano tutto il film, l’impatto è sorprendente. La colonna sonora è ineccepibile: si sposa con l’atmosfera generale senza possibilità di ripensamento all’ultimo momento sull’altare.
La caratterizzazione dei personaggi è essenziale ma non per questo perde in spessore. Parlano poco ma quello che dicono colpisce.
Sono due ore di film di continui inseguimenti on the road. Due ore in cui si corre tanto e non si perde il tempo in disertazioni filosofiche e chiacchiere d’intrattenimento. Voi direte:’E che palle!’.
E invece no. Perché non c’è mai un momento in cui ci si annoia. C’è sempre un elemento che tiene vivo l’interesse. Paradossalmente, mi sono più annoiato a vedere lo Hobbit (nel secondo film mi sono pure addormentato…) che Mad Max.
Anche le spiegazioni sono ridotte all’osso: chi se ne frega cos’è successo al mondo, perché si vive in un mondo desertico, perché il protagonista non ha un passato da raccontare in continui flashback che sanno tanto di ‘Lost’, perché le ragazze non sono impazzite a farsi ingravidare da quel cesso megalomane di Immortan Joe e come si fanno ad alimentare le casse del chitarrista. Le domande non contano: conta l’azione pura.
Personalmente non mi sono pentito di aver visto questo film (anche se, lo ammetto, 8.50 euro per un film sono tanti, a prescindere dal film… Poi si lamentano che nessuno va al cinema).
Cmq, avevo aspettative enormi date dai commenti stra-entusiasti dei professionisti del settore, quindi il rischio di delusione era alto, altissimo. Ma non sono stato deluso.
Certo, il discorso due ore on the road non mi ha convinto appieno, ma è solo un’inezia d’innanzi alla potenza visionaria e alle trovate geniali del film.
L’unica pecca è, secondo me, aver realizzato un film che si riallacciasse ai Mad Max del passato, col rischio (com’è appunto accaduto) che i più ‘conservatori’ hanno storto il naso vedendo certe dinamiche dei vecchi film ribaltate.
Forse se non avessero tirato in ballo Mad Max (avrebbero potuto chiamarlo in un altro modo, tipo ’50 sfumature di deserto’, o ‘Natale nel Sahara’ o ‘Havemus Caldus’) avrebbe trovato un consenso ancora maggiore.
Ciò non toglie che sia un film da vedere tassativamente. Possibilmente al cinema. E non dite che non vi avevo avvisato che mi arrabbio!!

mercoledì 3 giugno 2015

'Un indovino mi disse' di Tiziano Terzani


Questo libro mi ha seguito da anni. In qualunque libreria andassi, lui era lì. Mi teneva d’occhio, quasi fosse un turista italiano nella via a luci rossi di Amsterdam, quasi fosse un guardone vicino ad un’auto in piena campagna a notte fonda.
Era inevitabile che prima o poi avrei ceduto ai suoi occhi incantatori. Anche perché, voglio dire, ‘me l’ha fatta annusare per anni’ e si sa che la carne è debole. Specialmente la mia di mingherlino con salute cagionevole.
E così l’ho comprato e me lo sono pure letto.
Impressioni? Mah, emozioni conflittuali.
Non è un libro facile. Nel senso, parla di lui in giro per un anno in Asia usando tutti i mezzi disponibili eccetto l’aereo (dato che un’indovina gli ha predetto che se in quell’anno ne avesse preso uno, sarebbe morto). Questo gli ha permesso di conoscere persone, visitare luoghi, affrontare peripezie e ammirare la bellezza del mondo on the road e non on the air.
Terzani è un giornalista. Si vede.
Scrive bene, passando da descrizioni dei luoghi a riflessioni personali a dialoghi a volte sintetici ma chiari e diretti.
Questo suo continuo viaggiare tra paesi e città lo porta a descrivere per ognuno il contesto, l’atmosfera e il paesaggio che lo circonda. Questo, lo ammetto, mi ha un po’ annoiato.
Racconta anche di ciò che accadeva in quell’anno (1993) e delle ripercussione del passato asiatico sul presente.
Questo, per quanto mi riguarda, gioca a suo sfavore. Infatti, va bene sapere come ragionavano gli asiatici in quegli anni ma non è di nessuna utilità adesso, in quanto i giovani di oggi si comportano in modo totalmente diverso (certo, anche per quelli di oggi vale il detto ‘tira più un pel di f…’ ma per tutto il resto le cose sono cambiate).
Si parla anche di passato, ovvero di come certe guerre, scandali, complotti, rivoluzioni, carnefici e dittatori hanno cambiato il paese. Interessante, non lo metto in dubbio. Peccato che non so neppure di chi stia parlando (ma questo è il problema di tutti i libri che raccontano di cronache di altri ‘mondi’; già non si conosce quella realtà. Se poi ci butti dentro informazioni a raffica, saluti e baci comprensione).
Ciò non toglie, attenzione, che alcune notizie di cronaca sono sconvolgenti, inaspettate e fanno riflettere assai (ad esempio, che in Cambogia negli anni ’70 c’è stato un massacro: DUE MILIONI ,qualcuno dice persino 3, di cambogiani uccisi in stile lager nazisti…). Queste notizie spingono ad andare avanti nella lettura, alla ricerca di episodi che fanno accapponare anche i peli del pube. E pur essendo un romanzo di più di 400 pagine, si ha voglia di giungere all’ultimo capitolo.
C’è anche l’aspetto esoterico-provocatorio che aleggia per tutto il libro: Tiziano cerca in ogni nazione, in ogni paese, qualche indovino che gli sveli il suo futuro (e azzecchi il suo passato), tirando le somme sull’attendibilità e sui presunti poteri della persona. Con tanto di riflessioni personali:’ Vede quante volte andrò a defecare domani e non ha previsto lo sterminio di due milioni di persone????. Ha per caso preso il diploma da chiromante da CEPU???’.
Un libro che tutto sommato non mi è dispiaciuto leggere, da cui ho tratto interessanti riflessioni e da cui ho imparato qualcosa (sopra ogni cosa quanto noi occidentali andiamo a scuola a studiare ‘la storia’ ma in realtà è solo quella dell’Italia e di coloro che sono venuti in contatto col nostro paese. Ritorniamo più e più volte sul discorso nazismo, lager e genocidio senza sapere che ben altri, e peggiori, stermini sono accaduti nel mondo e neppure tanto così indietro nel tempo. Ma dato che non eravamo coinvolti, passano in secondo piano, non vengono neanche menzionati, come se ci fossero genocidi di serie A e di serie Z).
Un libro che per la storia in sé (non è romanzo dove si cerca di trovare episodi e colpi di scena per mantenere vivo l’interesse del lettore. È semplicemente una cronaca di un anno di vita di un giornalista, con i pro e i contro che ne conseguono) può a tratti annoiare e appesantire la lettura e a tratti stupire per come ogni paese ha le sue bellezze e crudeltà. Perché racconta un mondo (quello asiatico) sconosciuto ed inaspettato.
Certo, è legato inevitabilmente al passato, a quegli anni che sono ormai storia. Ma è anche vero che si accorge di come in realtà sono stati proprio quegli anni e quelle vicende storiche a gettare i semi che ha reso quelle nazioni delle potenze economiche.
Una lettura, in definitiva, che per sua stessa natura non è facilmente digeribile (non pensiate sia il classico libro ‘da spiaggia’) ma di contro è ricco di spunti e di riflessioni da interiorizzare.