domenica 31 maggio 2015

American sniper


Più di due ore per raccontare la vera storia di Chris Kyle, un tiratore scelto americano che ha partecipato alla guerra in Iraq e che ha ucciso più di 160 uomini.
Successo inaspettato al botteghino americano e non solo (in Italia ha guadagnato più di 18 milioni di euro), questo film ha ricevuto pareri opposti: chi lo considera un capolavoro  e chi l’ennesimo film ‘pro-americani quanto siamo fighi quanto siamo buoni’.
Se da una parte è interessante vedere cosa sia accaduto in quei luoghi, quanto stress e tensione ha vissuto il militare americano medio sempre in dubbio se vedrà il prossimo tramonto o meno, dall’altra si resta sempre perplessi su quanto sia realistico, e non di parte quello, che si racconta. Specialmente quando si parla di patriottismo e di ‘siamo sempre noi dalla parte della verità e della giustizia’. Perché si sa che si tende sempre ad omettere gli episodi scomodi quando si vuole rendere migliore una nazione (che è poi la dinamica in ogni cosa… Vedi ad esempio Mc Donald’s che fa la pubblicità del bambino che al ristorante viene un Big Mac… Ma favvanculo!!!! Ma che tu possa mangiarti il tuo benamato Mc per poi passare le successive due ore al cesso a defecare anche l’anima).
Essendo tratto da un romanzo autobiografico di Kyle, le incongruenze tra ciò che è accaduto e ciò che si vede nel film saltano subito all’occhio (anche solo il fatto che tutta la storia è incentrata su questo cecchino ‘nemico’ che ha dato del filo da torcere agli americani… Perché si sa, un nemico brutto e cattivo ci deve sempre essere in un film di ‘supereroi’).
Resta il fatto che, a mio parere, fare un film pro-America e pro-esercito americano è sempre già di per sé di parte. Sarebbe stato bello un confronto, ovvero la prospettiva di entrambi i cecchini, dove lo spettatore viene posto di fronte a chi è veramente il buono e il cattivo e da come a seconda della prospettiva cambiano i due ruoli (cosa che avviene solo in un momento, secondo me, quando ci si sofferma sul cecchino a casa propria, con sua moglie e figlio a seguito… Che è in fondo lo specchio di Kyle: prima di tutto un uomo con una famiglia e dei sentimenti).
Per il resto, il film si muove tra passato e futuro, tra il suo addestramento alla ‘full metal jacket’ e i suoi scontri  sul campo con sporadici ritorni alla sua vita di padre e di americano medio.
Per quanto Eastwood sia un buon regista e la trama possa piacere, resta comunque un film che parla di guerra, di (ingenue) idee sul bene e sul male (che abbindola il patriota medio quanto il cristiano dinnanzi all’apparizione della Madonna dentro una tazzina da caffè… Ovvero si può credere ad ogni cosa, anche alle più assurde (tipo che nel Parlamento italiano ci sono solo politici onesti che lavorano per il bene del popolo) pur di mantenere salde le proprie convinzioni infantili).
Ma parla anche di come la verità è quella propinata dai mass media. Proprio quest’ultimo punto cozza con il mio gusto personale di questo film. Perché sopra l’eroismo del militare medio (americano, italiano, egiziano, indiano, ecc ecc) c’è questa mia vocina che mi strilla in stereofonia nel cervello che in fondo i militari siano solo marionette guidate da chi veramente ha il potere, il quale oltre le dichiarazioni idealistiche e patriottiche nasconde ragioni puramente economiche.
Vedo i militari in guerra e penso a tanta carne da macello sacrificato per il Dio denaro. Questo mina più di ogni altra cosa il mio giudizio sul film.
Per il resto, l’ho trovato il classico film americano sulla guerra, dove i buoni a suon di frasi fatte e da sentimenti da salvatori del mondo vanno incontro alla morte spinti da ideali che lasciano il tempo che trovano.
Che poi, a ben guardare, si è fatta una storia su un cechino in Iraq. Ma alla fine se avessimo cambiato guerra, fazioni in conflitto e colore della pelle dei protagonisti non sarebbe cambiato nulla. In fondo, qui non si parla di guerra in Iraq ma delle tante, stupide, inutili, squallide, guerre che ogni giorno scoppiano e proseguono nel mondo.
Un film, in definitiva, che non entrerà nella mia raccolta. Era giusto vederlo e recensirlo, perché un film che ha fatto successo merita almeno un’occhiata. Ma resterà sempre uno dei tanti che mostra quanto la guerra sia il palese esempio di come ancora siamo primitivi, stupidi ed egocentrici. E adesso andiamo tutti da Mc Donald’s, che se un bambino dice che preferisce il Big Mac ad un piatto di pasta, allora vuol dire che gli hamburger di Mc sono il pranzo più nutriente del pianeta.

mercoledì 27 maggio 2015

Spongebob – fuori dall’acqua


Imbarazzante.
Quei dieci minuti che ho investito per vedere questo film prima di spegnere la tv sono stati imbarazzanti.
Avete presente quando dite: ‘Ho buttato nel cesso dieci minuti del mio tempo’? Ecco, è la sensazione che ho avuto io guardandolo (tentando di guardarlo).
Ora, premetto che io ingurgito film a iosa, senza distinzione di genere e qualità, convinto che nella quantità (tra film scadenti o ignoti o che non hanno sbancato il botteghino) qualcosa di buono si trova sempre. Certo, nel qualcosa ci sono anche tanti film scadenti.
Ecco perché il mio modus operandi è iniziare a guardare un film e se non mi piace passare al successivo (al punto che a volte mi ‘guardo’ quattro film in una serata… Per poi convenire che un quinto film scadente sarebbe stato ‘la morte  mia’, e quindi spegnere tutto e andare a letto).
Ma torniamo a Spongebob.
Dal trailer sembra carino. Quando approdano sulla terra e diventano supereroi con i poteri sembra persino figo e divertente.
Ma qui sta il problema: ci si deve arrivare a quel momento. Ciò che c’è prima fa passare la voglia di arrivarci. Un po’ come quando gli amici ti dicono che una ragazza (che non conosci) a letto è il non plus ultra… Sei ingrifatissimo e già ti immagini l’evoluzione dell’incontro. Peccato che la vedi scopri che: di viso è brutta come un certificato di morte, ha l’alito di un cane in putrefazione, si veste da contadina dell’800 ed fa ridere quanto un clistere di 10 litri nel deretano. Capite che può essere un fenomeno a letto ma se già il primo impatto ti fa gridare di raccapriccio, non è che si può recuperare.
Diciamo che Spongebob perde migliaia di punti fin dai primi minuti (mi pare dal secondo/terzo), quando i gabbiani iniziano a cantare… Già lì le palle mi sono cadute sul pavimento, sono rotolate giù dalle scale e hanno chiesto asilo politico alla cantina.
Un po’ come, per chi l’ha visto, nel film de ‘I cavalieri dello zodiaco’ quando Cancer si mette a cantare e ballare. Lì c’è stato un vomito collettivo di tutti i fans dei cavalieri.
Cmq, resisto all’impulso di spegnere la tv e continuo la visione.
È così che si arriva alla prima scena con Spongebob e amici contro il cattivone giurato del protagonista per difendere la formula misteriosa che rende gli hamburger di quest’ultimo così buoni.
Dopo questa scena ho spento, definitivamente sconfitto dalla delusione.
Intendiamoci: è un film per bambini.
Immagino che loro siano stati entusiasti del film. In fondo, le scene, i dialoghi e la sceneggiatura in generale siano esclusivamente per un pubblico giovane, giovanissimo, praticamente in fasce (è la stessa cosa che ho pensato guardando il film dell’Ape Maia, un altro film da dimenticare…).
Ma un adulto dovrebbe restarne a debita distanza. Non val neppure la pena andare a vederlo se vi regalassero il biglietto.
Che poi mi sono immaginato io padre a portare il mio piccolo a vederlo al cinema.
Voglio dire, ci sono film che fanno più venire l’acquolina in bocca a te che a tuo figlio (i supereroi Marvel/DC, i vari film con i robottoni tipo Pacific Rim o di alieni).
Ma Spongebob… Oh, mio Dio!
Immagino la scena: entro al cinema con mio figlio e partono i primi dieci minuti. Mio figlio di fianco tutto esaltato a ridere e a divertirsi seguendo le gesta del suo beniamino e io accanto a domandarmi cos’ho fatto di così terribile nella mia vita da meritarmi questa punizione divina.
Diciamo che è uno di quei film che dovrebbe guardare chi si è ubriacato e non riesce a vomitare. Così ha almeno due scelte: o mettersi due dita in bocca o guardare ‘sto film.
Forse si metterà due dita in bocca: è meno doloroso.

giovedì 21 maggio 2015

Autostop per l’Himalaya di Vikram Seth


Sotto il titolo spunta la frase:’Dalla Cina al Nepal, passando per il Tibet: un viaggio avventuroso e proibito’.
Il tutto promette bene.
Già… Promette promette e non mantiene. Un po’ come una donna in abito da sera con mega scollatura, gonna inguinale e un fare da tigre del materasso che poi a letto si dimostra più puritana di una suora di clausura ultraottantenne.
Infatti ci si aspetta veramente un viaggio avventuroso. Che so, banditi, rapimenti, episodi estremi, scontri fratricidi, pericoli di morte e imprese memorabili. Il tutto sullo sfondo poetico di un Tibet buddhista e una Cina misteriosa.
Poi si inizia a leggere e… In cento pagine il massimo dell’avventura è quando gli cade una valigia da un camion e un tipo gliela ruba.
Di proibito c’è l’odore delle proprie ascelle dopo giorni passati su un camion sotto il sole cocente.
Di autostop (nell’immaginario collettivo un continuo sballottarsi tra mezzi differenti con autisti variopinti ed eccentrici) c’è giusto un salire su un camion e farsi scarrozzare in giro.
Ma a parte questo, la storia è bella?
No.
È una semplice descrizione di quello che ha fatto il protagonista in un breve periodo della sua vita.
Certo, si narrano usi e costumi della Cina e del Tibet… Peccato che il libro è stato scritto nel 1983… Quindi anche l’aspettativa di capire come ragionano e vivono i cinesi/tibetani/nepalesi è ben presto delusa: credi veramente che la Cina di 30 anni fa sia la stessa di oggi? È un po’ come pensare che l’Italia anni ’80 sia quella del 2015: impensabile. Oggi fa più cagare è un altro mondo.
La storia è talmente descrittiva che perde di spessore, che non conquista, non attira.
È un susseguirsi di azioni/reazioni quasi meccanici e per lo più poco interessanti.
Ora, non è che ci si possa aspettare chissà cosa da un diario di viaggio… Ma, ad esempio, ho letto ‘Autostop con Buddha’ e quello l’ho trovato invece interessante e a tratti anche divertente (e alla fine l’esperienza era la stessa, ma in quest’ultimo caso l’autore faceva l’autostop in Giappone, percorrendolo da Sud a Nord, isole comprese).
Anche se ammetto che ‘Autostop per l’Himalaya’ ha qualche pezzo interessante: ad esempio quando parla di come i tibetani sono stati trattati dai cinesi dopo l’invasione, di alcuni accenni su certe pratiche orientali (per noi occidentali raccapriccianti, come appunto la ‘sepoltura’ dei morti rappresentata dalla vignetta) e su certi episodi che in effetti sono stati difficili da affrontare (ma nulla di lontanamente paragonabile a ciò che si potrebbe definire ‘viaggio avventuroso e proibito’. Al massimo è stato un viaggio sfigato). Ma sono solo eccezioni per un libro troppo descrittivo e piatto per i miei gusti.
Quindi vale il suo prezzo: 16.40euro? Manco per ‘u cazzo! Direi proprio di no.
Forse in versione economica a 5 euro ci può anche stare. E leggendolo in più trance. Quando proprio non hai nulla da leggere, la tv si è fulminata, la morosa ha le sue cose è in trasferta e sei rinchiuso in una grotta.
Altrimenti se tutte queste condizioni non sono presenti, anche se solo una di queste è assente, ha cercare di leggerlo tutto d’un fiato si ha ad un tratto l’impulso di gettarlo nel caminetto acceso per dare almeno un senso alla sua esistenza cartacea.

Ps
Per la cronaca: riguardo la vignetta, io di Nanni Moretti mi stavo riferendo al film ‘Habemus Papam’. Ho provato a guardarlo. Ho resistito venti minuti. Poi… ‘Du cojoni!

lunedì 18 maggio 2015

Gigi D’Alessio: Ora



Ebbene sì, lo ammetto con un certo imbarazzo e vergogna: qualche canzone di questo album non mi è dispiaciuta affatto.
Certo, ci sono le solite canzoni melense sull’amore ‘quant’è bello se non è litigarello’, ma ormai lo si dà per scontato: siamo un popolo che adora la rima ‘cuore-amore’.
Però almeno le canzoni ‘Prima o poi’ e ‘Ora’ escono dai soliti scemi collaudati accalappia-fans-dei-one direction e cuoricini-dipendenti.
Per il resto, Giggggggi canta con la sua tipica inflessione da uomo poco incline ad un italiano senza cadenze dialettali. Ma ci sta: almeno ha quel qualcosa in più (o in meno????) che lo contraddistingue dalla massa di cantanti copia-incolla.
Eppure riesce ad essere tra i cantanti più presi per il culo dell’Italia. Anche perché, ammettiamolo: le gag più divertenti su internet sono contro questo cantante.
Ma se a tutti sta sulle palle, come ha fatto ad essere pagato per essere il matador di Capodanno? È forse una strategia studiata a tavolino per tenere alla larga gli extracomunitari?


Comunque, lo ammetto: di D’Alessio non sono un fan ma un ascoltatore occasionale. Perché in fondo è il classico cantante commerciale che usa l’amore per vendere più copie ( e qui apro una parentesi: ci avete fatto caso che tutti sti cantanti cantano sempre di ammmmmore con la A a lettere cubitali… Però chissà quali sono i loro scheletri nell’armadio? Magari a ben cercare si scopre che passano le serate a cambiare donne, a fare triangoli, quadrati ed esagoni, ad andare a pagamento e ad essere sodomizzati con un frustino rosa firmato Hello Kitty).
Ma sono anche quel genere di persona che ascolta di tutto, album dopo album, perché convinta che nella quantità qualcosa di buono posso sempre trovarlo, a prescindere dal genere e da chi la canta.
Quindi W Gigi D’Alessio, W i Modà, W la Pausini, W Violetta (… Emh, ok, sto cagando un po’ fuori dal vaso esagerando adesso).

mercoledì 13 maggio 2015

Come ammazzare il capo 2




Ho provato a guardare il primo, giuro.
Ma non ce l'ho fatta.
E' stato uno di quei film che ho abbandonato senza alcun rimorso.
Perché lo ammetto: mi sono annoiato.
Ma il tempo passa e il ricordo si affievolisce. E comunque c'è sempre la speranza che il seguito sia meglio del precedente... Ma quando mai???
Ho però sfruttato un viaggio in pullman x costringermi a vederlo: o il film o passare il tempo a guardare il mio vicino di posto scaccolarsi selvaggiamente e senza pieta per tutto il viaggio (e meno male che mi ha risparmiato le puzzette!).
Così eccomi a guardare quasi due ore di film e... Una guerra si è scatenata tra la mia mente critica e quella più cogliona stupida e goliardica.
Andiamo prima con la critica: siamo passati dall'uccidere il proprio capo a rapire il figlio di un riccone (che per quanto mi riguarda è fare un passo indietro; è come vedere un film di un supereroe che combatte contro un alieno gigante distruttore di mondi che stermina intere civiltà con un colpo di ascella pezzata e nel film successivo far scontrare il supereroe con un gruppo di nerd occhialuti con problemi di socializzazione e difficoltà motorie: una caduta di stile e di pathos inaudita).
Quindi, il film parte da un soggetto di suo già discutibile.
Poi ci sono i protagonisti: a parte Jason Bateman, gli altri due sono emeriti imbecilli. Cioè, non possono essere così coglioni, dai. Ok che il film è sopra le righe, ma almeno una parvenza di credibilità nella storia e nei suoi personaggi… Dai!
Ma ipotizziamo che esistano pure persone del genere… Nessuno sano di mente metterebbe su una società con loro, con uno che in piena notte vuole entrare in casa di colui che dovrà rapite e per accertarsi che quest'ultimo sia in casa citofona più volte. E più va avanti la storia e più mostrano quanto siano imbecilli. E questo fa perdere punti alla storia perché è troppo irreale, estremo, paradossale, palesemente esagerato. E ciò infastidisce.
Quindi film bocciato in pieno?
In realtà no.
Perché poi il film prende un'altra piega: partono gli inseguimenti, giungono i colpi di scena, intervengono i co-protagonisti nei momenti più inaspettati salvando le chiappe ai protagonisti e spunta qualche gag ben assestata che strappa un sorriso dopo minuti a piangere sulle idiozie che abbondano nel film.
Ma ho trovato ben riusciti gli interventi di Aniston e la sua dipendenza dal sesso (con qualche battuta al vetriolo degna di nota).
Ok, c’è sempre il classico lieto fine a chiudere le danze, con tanto di rocambolesco colpo di scena dove i buoni si salvano il culetto mentre i cattivi vengono inchiappettati da un toro infoiato senza manco un filo di vasellina d’apripista.
Morale: un film che non so ancora se mettere nella mia videoteca, anche se la Aniston in completo intimo sadomaso da maiala alla riscossa meriterebbe di essere riguardata più e più volte.


giovedì 7 maggio 2015

humandroid


Noia.
Noia.
E noia.
Ah, ve l’ho detto: noia?
O per essere più prolissi: come un buon trailer riesce ad abbindolare lo spettatore.
Sì, perché dal trailer si vedono quei cinque minuti di scontri tra robot, di apocalisse cibernetica, di violenza gratuita e bypassano astutamente la restante ora e quaranta di commediola per famiglie, di atmosfere da Teletubbies, di scene da libro rosa. Perché dal trailer si accenna ad un robot-bambino che impara a vivere, ma sembra un elemento marginale, un breve preambolo. Non certo un episodio che domina sul resto del film!
L’idea è anche buona (in fondo è la metafora del bene e del male visto da chi non conosce il mondo, in pratica un bambino, e deve imparare) ma è stata sviluppata male. O meglio, sarebbe accettabile se il trailer non desse aspettative superiori al previsto, non desse una visione distorta, ingannevole, di ciò che è in realtà il film.
I teppisti lo sono in apparenza e dimostrano (in modo incoerente) che possiedono dei nobili sentimenti alla ‘libro Cuore’, passando da violenti ragazzi di strada a mamme-chioccia. Il ‘creatore’ del robot passa dall’essere un cagasotto sfigato ad un BraveHeart dei poveri e il vero nemico del robot (un Jackman poco incisivo, quasi sprecato in questo film) gioca in sortita fino alla fine, quando sfoggia il suo robot (al grido di:’Chi ce l’ha più grosso? Io, perché vola pure!’).
E comunque, il film annoia.
Parte lento. Continua lento. E solo alla fine si dà una mossa, offrendo quell’azione che ci si aspetta fin dall’inizio.
Nel mezzo c’è tanta violenza gratuita, la quale avrebbe un senso se non si conclude con un happy ending che ricorda tanto il finale di tante commediole hollywoodiane ma che proprio perché presente in un film di teppisti senza scrupoli, soprusi, violenza e scenari alla Detroid di Robocop fa perdere ulteriori punti al film.
Certo, chi si aspetta il solito film di robot che spaccano tutto, di scontri titanici alla Pacific Rim resterà decisamente deluso. Anche se, lo ammetto, offre una prospettiva diversa dal solito film futuristico, quindi si distingue a suo modo dalla massa. Ma non è sufficiente.

martedì 5 maggio 2015

Avengers 2 – age of Ultron


La trama non ve la sto neppure a raccontare: tanto ormai la conoscono anche i sassi dell’Himalaya.
Passiamo subito alle impressioni.
Da buon nerd appassionato di saghe Marvel, aspettavo il nuovo film degli Avengers tanto quanto una donna aspetterebbe l’inaugurazione della gioielleria Tiffany con sconti dell’80% su tutti i gioielli.
Poi ragazzi, parliamone: i supereroi più fichi dell’universo ancora riuniti. E ho detto tutto.
Ogni nerd che si rispetti sogna questo momento quanto sognerebbe di vedere Terminator piombare nel mondo dei Teletubbies e sterminarmi tutti, aspirapolvere e sole compreso.
Entro al cinema e so già che mi aspetteranno più di due ore di scazzottate, effetti speciale della Madonna, buchi logici nella trama (ma chi se ne frega: stiamo parlando di un film d’azione cazzuto mica di un thriller di Hitchcock!) e poca introspezione dei personaggi.
Invece mi devo ricredere su due cose: le falle logiche non sono poi così tante (meno sicuramente del primo Avengers) e viene dato spessore ai personaggi, rendendoli più umani (vedi il pucci pucci tra Vedova Nera e Hulk o l’allegra famigliola del Mulino Bianco di Occhio di Falco).
Il film fluisce via che è un piacere; non c’è un momento in cui si sbadiglia o si annoia (cazzo sono gli Avengers, ci mancherebbe!!!!!).
I personaggi sono cazzuti e sempre pronti a menar le mani, rendendo felici tutti i ragazzi. Parallelamente, inquadrature strategiche di Thor fanno sbrodolare le ragazze in sale.
Ultron , a parte le alette di areazione sulle guance, fa la sua porca figura. S’impone nella scena come malvagio doc che non deve chiedere mai ma sderena direttamente l’ano dei malcapitati con la sua trivella robotica (un giro di parole per dire che quando ci si mette fa tanta bua ai nemici).
Alcune minuscole pecche però le possiamo anche trovare: chi è appassionato della Marvel trova delle grosse incongruenze nella storia (tipo che Ultron nei fumetti è stato creato da Henry Pym e non da Iron Man)… Ma chi se ne frega!
Qualcuno potrebbe obiettare che mettere dentro altri personaggi (Visione, i gemelli Maximoff e il ritorno in scena di Nick Fury) ha appesantito il film e limitato la caratterizzazione dei protagonisti ( un po’ come nel film dei Cavalieri dello Zodiaco con tutti i dodici cavalieri d’oro buttati in neanche due ore di film: disgustorama!!!). Ma la verità è che dei protagonisti principali si sa tutto e di più attraverso i vecchi film Marvel cosicché non c’è bisogno di approfondire alcunché. In questo modo si ha spazio per dare spessore ai nuovi.
Da italiano ho trovato spiazzante che abbiano girato tante scene in Val D’Aosta ma facendola passare per una città dell’est Europa. In compenso, mi è piaciuto riconoscere in alcune scene posti che ho visitato.
La cosa invece che mi ha lasciato un po’ lì è quella voglia della Marvel di mettere sempre gag comiche anche nei momenti più cruciali ed inaspettati. Certo, qualche gag ci sta anche: taglia la tensione e rende il film più leggero. Ma troppe no, dai! Si passa da una sparatoria ad un siparietto alla Vanzina! Si viene catapultati da uno scontro epico ad un momento-American Pie (al punto che mi sarei aspetto che Vedova Nera dicesse a Bruce di diventare Hulk perché non è vero che le dimensioni non contano… Quella sarebbe stata l’apoteosi del trash). Ma devo anche ammettere che presa nella giusta ottica del ‘Ehi raga, è un film Marvel non uno di quei musoni della DC comics’ anche queste continue battute prendono il loro giusto posto nel film rendendolo unico ed accattivante.
Morale: un film che entra di diritto nella mia videoteca dei film preferiti e che riguarderò con piacere. Anche perché, ammettiamolo, chi dopo averlo visto non ha avuto il desiderio di essere uno degli Avengers? O anche solo conoscere una come Vedova Nera (mi sta già scendendo la bavetta da maniaco sessuale. Un attimo che mi pulisco J )?

sabato 2 maggio 2015

Susanna Tamaro VS Jostein Gaarder


Perché questo versus? Perché ho letto due libri di questi autori: Il cerchio magico (della Tamaro) e Il mondo di Anna (di Gaarder, che per chi non lo conoscesse è lo stesso autore di  ‘Il mondo di Sofia’… Che originalità nei titoli).
Cos’hanno in comune questi due libri? Dovrebbero parlare entrambi di ecologia.
Quella della Tamaro viene definita ‘una favola ecologica’.
Diciamo che l’unica cosa di ecologico che c’è è quando un tipo va in bagno e poi tira l’acqua.
No, dai, a parte gli scherzi: qualcosa di ecologico c’è. O meglio, è una critica verso il mondo industriale, teledipendente e assuefatto ai cibi-schifezze.
Anche quello di Gaarder tratta lo stesso argomento. Ma c’è una differenza di fondo: il libro della Tamaro è per bambini da scuola elementare/prima media. Quello di Gaarder è per adulti. O meglio, da adolescenti a salire.
Si leggono bene entrambi, sia chiaro.
Ma quello della Tamara essendo per bambini ha un linguaggio più semplice e certi espedienti sono rivolti solo a questo pubblico (tipo la ‘canzoncina’ dei cattivi che fa precipitare le palle nel sottosuolo. Ma ripeto, essendo per bambini ci sta: ecco perché le palle tornano indietro. E’ quando vai a vedere il film dei cavalieri dello zodiaco e Cancer si mette a ballare che le palle prima rotolano a terra e poi esplodono). Quindi non aspettatevi un trasporto e una profondità emotiva dei suoi libri ‘per adulti’.
Gaarder invece imbastisce una storia adulta, che parla sempre di ragazzi (adolescenti) ma con una trama più matura e complessa e con piccole segreti che vengono svelati via via che la storia prosegue (che in certi punti mi ha lasciato perplesso ma che tutto sommato ci può anche stare dato che l’argomento base (il rispetto per la natura) predomina essendo stato sviluppato in modo egregio).
Morale: entrambi i romanzi sono stati scritti bene (per il pubblico a cui sono rivolti). Da adulto vi consiglio decisamente quello di Gaarder. Se ci tenete poi all’ecologia e a cercare un nuovo modo di esprimere quanto e come stiamo distruggendo questo pianeta, è una lettura obbliga.
Quello della Tamaro lo consiglio solo come libro da leggere ai propri piccoli perché è una lettura che potrebbe piacere loro (difficilmente a voi).
Ah, già, dimenticavo: di che cosa parlano?
Quella della Tamara è la storia di Rick, un bambino cresciuto in un bosco nel centro di una città e allevato da animali (di cui capisce il linguaggio). Un crudele magnate pro-centri commerciali rade al suolo il bosco per costruirci un altro abominio della società moderna. Il bambino intanto viene catturato ma riesce in extremis a fuggire in quanto determinato a sventare un piano criminose che ha l’obiettivo di rendere tutti i bambini assuefatti al consumismo sfrenato ed irresponsabile.
Quella di Gaarder è la storia di Anna, una ragazza a cui ha a cuore il destino dell’ecosistema terrestre. Lei ha il dono di poter vedere il futuro e così ha stralci della vita della sua pro-nipote. Attraverso i suoi occhi riesce a vedere cosa sarà il futuro del mondo se andassimo avanti a rovinarlo con inquinamento, deforestazioni e sfruttamento delle risorse naturali. Tra presente e futuro, ragazza e pro-nipote scoprono che insieme possono cambiare il futuro se solo avessero un’idea innovativa…

Ps
La citazione della vignetta è tratta dal romanzo di Gaarder.