giovedì 29 gennaio 2015

Jovanotti - sabato



Ora, fermo restando che io seguo Jovanotti da decenni (praticamente siamo cresciuti insieme; ci scambiavamo i pannoloni all’asilo nido) e alcune sue canzoni mi hanno toccato in profondità (no, mentre le stavo ascoltando non stavo facendo il controllo della prostata) mentre altre le ho un po’ snobbate.
Che poi, naturale che di un artista piacciono solo alcune canzoni, a meno che uno non sia un invasato che apprezza per partito preso qualsiasi opera dell’autore. Anche se è più probabile che lo odi visceralmente piuttosto che amarlo a 360%.
Comunque, tornando a Lorenzo, ho letto pure un paio di suoi libri e devo ammettere che ha una gran testa; sarebbe un piacere ed un onore parlarci insieme.
È questo contrasto tra il Jovanotti-vecchio-saggio e il Lorenzo-è-qui-la-festa che mi spiazza.
Oddio, che poi a ben guardare ognuno di noi è pieno di sfaccettature emotive (vedi quelli che vanno a fare  volontariato alla Caritas e poi a casa molestano sessualmente il loro peluche). Mi stupisce semplicemente che è passato da un capolavoro di album come ‘L’albero’ agli ultimi album da ‘Yo Yo bella raga su le mani’.
Senza nulla togliere che, a prescindere dall’album, dietro c’è un lavoro ed un impegno non indifferente (come racconta nel libro ‘Viva tutto!’). Quindi massimo rispetto per il perfezionismo del cantautore e dei suoi musicisti.
Dico solo che è una di quelle canzoni che non capisco, che non mi fa battere il cuore. Confido comunque che quando uscirà l’album troverò un pezzo che mi conquisti come ‘La linea d’ombra’ o ‘Occhio non vede cuore non duole’.

lunedì 26 gennaio 2015

Nathan never 284 Rivelazione


Ci sono argomenti scottanti che non si evita di trattare nel fumetto nostrano, argomenti che potrebbero far storcere il naso ai più (o almeno ad una parte dei lettori, che sono comunque compratori). Ecco perché quando si usano questi temi si cerca sempre di prenderli alla lontana. In special modo quando si parla di religione (guai toccare la religione per un italiano! È come togliere un piatto di lasagne a Giuliano Ferrara o rompere la telecamera che ha in camera da letto Belen: diventano delle belve feroci).
Tutto questo prologo per dire che Nathan Never in questo albo osa inosabile: affronta il tema religioso e lo fa alla sua maniera, miscelando fantascienza e tematiche teologiche alla ‘Contact’ (film del 1985 che tratta l’incontro tra umani e alieni con implicazioni etiche e religiose, interpretato da Jodie Foster).
Questo albo narra di un predicatore che costruisce una macchina seguendo le indicazioni di un’entità che gli parla nella mente. Una volta completata, la macchina spara un raggio nel cielo. Davanti alle televisioni di mezzo mondo, dal raggio appare una donna con poteri soprannaturali. Angelo, divinità, extraterrestre, entità pericolosa, coniglietta di playboy? A Nathan il compito d’indagare.
Ne scaturisce una storia sopra le righe, molto veloce e con continui colpi di scena, con tematiche a me care e punti di vista opposti (in cui per forza uno si rispecchia: o nell’ateo che mette in discussione tutto o nel credente convinto che ‘lungi da me essere San Tommaso: non voglio vedere per credere (anche perché non si vede mai niente)’).
Dopo tanti Nathan Never fiacchi e con trame classiche e ripetitive (dal ‘rapisco bambini perché ho avuto un’infanzia difficile’ al ‘Oddio siamo alla deriva su un’astronave: venite a salvare’ al ‘sono un assassino: catturami N.N. e tanto che ci sei dammi anche una bella sculacciata’) ecco finalmente un albo che si distingue dalla massa.
Senza contare che è una trilogia. Il primo albo spacca e incuriosisce in modo inaspettato. Speriamo che il livello di suspance e di colpi di scena si mantenga alto.
Ammetto che in questi mesi ero tentato di abbandonare N.N. perché ormai mi era ‘giunto a noia’ (il mio amico, scroccatore di albi, ha deciso di rinunciare: neppure a darglieli gratis li ha più accettati. Lo pagherò per leggerli). Ma questo albo (e anche il precedente, dai) mi dà speranza per il futuro.
Voto positivo, decisamente.
Continuate così, autori. Che la forza sia con voi!

venerdì 23 gennaio 2015

Cavalieri dello zodiaco – la leggenda del grande tempio


Difficile fare una recensione di questo film, in quanto c’è un conflitto interiore tra il bambino che è cresciuto a pane e Cavalieri e l’adulto che lo guarda con mente critica.
Quindi questo film fa cagare?
Dipende. Dipende sempre dalla prospettiva.
Innanzitutto bisogna andare a vederlo con zero aspettative e staccando completamente il cervello e il legame affettivo con il cartone animato e il manga (impossibile farlo, ma almeno provateci).
La computer grafica è spinta ai massimi livelli. Le armature sono tutte molto fighe. Le 12 case sono meravigliose (quella di aquario mi è piaciuta ‘na cifra). I combattimenti sono brevi ma intensi e tutti spettacolari (rivedere certe mosse storiche fa venire sempre un po’ il magone).
L’entrata in scena dei Cavalieri è pari a quando nel primo Transformers, Optimus Prime (quelli ‘della mia generazione’ lo conoscono come Convoy) si trasforma da camion a robot: una lacrima sfugge anche all’uomo che non deve chiedere mai.
Poi c’è un precipitare nel nonsenso.
Perché:
- non mi puoi dipingere Pegasus come un babbo di minkia all’ennesima potenza (brutto vizio di ‘sti giapponesi che devono mettere tassativamente un minkione in ogni film/fumetto altrimenti non sarebbero autori nipponici purosangue). Ok, anche nei fumetti era quello più stupido e allegrotto… Ma non era un completo coglione, dai. Manteniamogli almeno un minimo d’integrità e solennità da cavaliere di bronzo prossimo all’oro.
- non mi puoi mettere l’orologio da polso con raffigurato pegasus sotto l’armatura: agghiacciante.
- Scorpio lo fai diventare una donna… Che va bene, almeno l’hai fatta gnocca. Ma per Dio! La ‘cuspide scarlatta’ lanciata da una donna??? Al massimo puoi farle gridare ‘smalto scarlatto’ (dopo che ha passato l’intero pomeriggio dall’estetista a spettegolare di quanto Toro sia grande e grosso ma sotto l’armatura ce l’ha mignon).
- va bene che hai messo 12 case in un film da un’ora e mezza… Ma cazzo ma non ti è venuto il sospetto che sarebbe venuta fuori una gran cagata? Avete fatto una merda di trilogia di Twilight e non mi fate una trilogia dei Cavalieri?!?!?!?! E poi ci si chiede perché certe persone siano convinte che l’umanità meriterebbe l’estinzione!
- fate fare le mosse originali a tutti i personaggi ( e soprattutto dire! Vuoi mettere l’impatto nostalgico?). Almeno una volta, benedetto Iddio!
- avete tolto tutti quei dialoghi aulici e poetici che contraddistinguevano i cavalieri dagli altri cartoni animati?
- mi metti un personaggio mai esistito nella storia (niente spoiler, promesso)… E tutti a chiedersi: ma perchè? C’erano mille soluzioni diverse da poter attuare (senza contare che il tempo occupato da ‘sto essere potevi riempirlo con altri combattimenti tra i cavalieri) e tu, sceneggiatore dei me cojoni rossi indignazione), hai optato per questa cagata?
- fai sempre un primo piano di Isabel con quell’orologio orrendo al polso? Ma te la vedi una Dea a combattere in un’altra dimensione contro cavalieri strafighi… Con indosso un orologio made in China trovato nell’uovo di Pasqua al Lidl?
- mi hai messo quell’agghiacciante ballo di Cancer versione Pirata dei Caraibi? Tremo di raccapriccio solo al ricordo. Veramente, qui ha raggiunto il minimo storico di decenza. Siamo passati da un bastardo del cartone animato ad un imbecille.
- Fish… 5 secondi di apparizione e… Ma cosa ti aveva fatto di male per fargli fare quell’uscita di scena? È comunque un cavaliere d’oro. Mica il cavaliere di bronzo della costellazione del mocho vileda! Perché quella trovata finale? Aveva forse potato male le rose al Gran Sacerdote? Gli aveva fatto una proposta pepata fuori luogo? Forse che il Sacerdote è omofobo?
Ma una domanda sovrasta tutte le altre. Ovvero: DOVE SONO FINITE LE TETTE DI LADY ISABEL?
Ma dai!!!! Sono state le compagne fedele dei sogni bagnati di ogni adolescente della mia generazione. E voi le avete eliminate? Ma che merda di persone siete?????? Vergognatevi!!!! Il bambino che è in noi sta piangendo tutt’ora. E ho detto tutto.

lunedì 19 gennaio 2015

Biagio antonacci – l’amore comporta



Umh… Biagio Antonacci è il Twilight della musica italiana. Tradotto: può piacere solo alle ragazzine di 13 anni alla loro prima cotta adolescenziale.
È uno di quei cantanti che fonda il suo successo sulle canzoni d’ammmmore (quello melenso, che fa alzare la glicemia a livelli letali per il maschio medio).
Ora, io ascolto di tutto, anche quando so già cosa mi aspetta. Perché parto dal presupposto che in ogni album almeno una canzone si salva dall’accozzaglia di banalità, frasi fatte, strofe banali, temi già usati migliaia di volte.
Infatti, se proprio devo salvare una canzone di questo album è ‘Cado’; l’unica con un certo ritmo e soprattutto che parla di tutto fuorché dell’amore.
Tutte le altre… Non ci siamo. Da uomo posso dire: bocciato. È un riciclare di luoghi comuni sull’amore (che ormai lo fanno tutti, intendiamoci: è solo che fare tutto l’album così… E che palle!).
Che poi la musica è anche carina… Ma è come se ascoltassi, che so, una canzone degli Iron Maiden che è tutto un chitarra elettrica a manetta, batteria che spacca e grida del cantante e poi vai a leggere il testo ed è tutto un ‘Amore mio mi hai spezzato il cuore, torna presto da me che mi manchi tanti’. Dai, non si fa. No, no.

Peccato anche per un paio di canzoni che si concludono anche un testo e un cambio di ritmo che mi sono piaciuti assai. Ma è il prima, è tutto quel ‘Amore mio mi fai battere forte il cuoricino’ che fagocita il salto di qualità dell’ultimo minuto della canzone. È il pucci-pucci style che rovina tutto.
Concludendo: un album che piacerà sicuramente alle ragazze al loro primo amore (ma anche alle donne che vogliono credere, illuse, ancora al principe azzurro con i boccoli sul bel cavallo bianco che fa 100 Km senza neanche fermarsi una volta a scagazzare).
Per gli uomini: piuttosto ascoltatevi l’ultimo dello Zecchino D’oro: potrebbe darvi più soddisfazione.

sabato 17 gennaio 2015

Nathan Never n.283


Voto positivo per questo albo.
Dopo mesi passati a leggere storie che mi spingevano a riportare l’albo in edicola perché anche in una villa con attico e quattro garage vuoti non ci sarebbe stato posto per un albo del genere, finalmente un fumetto che mi fa sperare in una minima ripresa della serie.
Ho apprezzato il ritorno di Darver (che fa la sua porca figura nell’albo, anche se non c’è neanche una vignetta dove fa il porco con Elania). Spicca per il suo carisma da gran figlio di buona donna uomo tutto d’un pezzo che non deve chiedere mai (e se chiede ottiene, un po’ come Belen di fronte a un’intera ciurma di marinai che non vedono una donna da anni).
E anche Never e Legs, i quali fanno la loro parte nei rispettivi ruoli di precisino musone e di spaccateste pronta alla rissa, si comportano come da copione.
Si apprezza anche il culo l’intervento di May, presente in più occasioni.
L’ultima performance di Darver in televisione entra nell’Olimpio degli interventi meglio riusciti (nonché delle leccate di culo più plateali).
Una certa legge della robotica lascia sempre più a desiderare: sembra quasi che vada in crash peggio di un iphone 4 con il nuovo ios installato.
Mi spingo addirittura a dire che forse questa storia sarebbe stata bene in un albo speciale. Non per altro, ma almeno potevano rendere i terroristi meno babbi di minchia ingenui, in modo tale da individuarli dopo lunghe ricerche, inseguimenti, imboscate, ecc ecc. invece di ridurre il tutto al minimo sindacabile.

mercoledì 14 gennaio 2015

orfani: ringo n.3



Assodato che Recchioni è un grande (e non intendo perché di statura è alto) e che Orfani è una gran serie a fumetti (vale i suoi 4.50 euro ad albo, alla faccia della crisi totale-globale), questo albo rientra tra il ‘nulla da dire a riguardo’.
Azioni, frasi d’effetto, colpi di scena, un po’ di eros che fa ingrifare il teenager medio (noi ‘vecchi’ avevamo l’incantevole Creamy come sogno erotico. I giovani di oggi avranno Rosa?) ma soprattutto un continuo rimando al difficile rapporto tra genitore e figlio.
Senza contare che una domanda sorge spontanea (e Recchioni in questo albo risponde mettendola sul ridere): ma il figlio di Ringo è potenziato come il padre? Le capacità si trasmettono da padre a figlio? Oppure salta una generazione, quindi padre figo= figlio mezza-pugnetta?
Bella l’idea di ambientare questo albo a Roma. Una Roma però dove il degrado regna sovrano, dove la sporcizia e il pericolo sono ovunque, dove non passa uno spazzino manco a pagare oro.

 


La perla, secondo me, è quando arrivano in Vaticano e non sanno che posto sia o chi ci abita. Ma non è neppure così importante saperlo. E secondo me, chi ha orecchie per intendere…
Senza contare come si comporta la Signora a capo del Vaticano. Metafora della Chiesa attuale o casualità narrativa? Ai posteri l’ardua sentenza…
Si lascia leggere questo albo come tutti gli altri. Fluisce che è un piacere e non fa calare l’attenzione neppure per un istante.
Mi stupisco ogni volta di come uno sceneggiatore che è anche curatore di Dylan Dog riesca a fare tutte queste cose insieme. E farle pure bene.